La giornata contro la violenza sulle donne.
Una giornata che in una società civile, in un Paese, un continente che ha avuto ampie possibilità di evoluzione, constatiamo con continuo dolore essere ancora necessaria una giornata che non può e quindi non deve passare inosservata, che non fa riferimento a un'altra epoca soltanto o a un altro mondo.
Troppo frequenti le prepotenze, le violenze, persino le uccisioni.
Troppo frequenti i commenti che tendono a minimizzare, allontanare dalle menti, sottovalutare.
Ciò che la storia ci ha lasciato, ciò che cerchiamo di non vedere.
Le violenze fisiche, le più orribili, quelle immediatamente successive: ma lei cosa faceva, ma se l'è cercata, ma bisognerebbe conoscere i retroscena.
Ma lei lo avrà provocato, anzi lei era provocante con gli altri uomini, ma lui l'aveva tolta dalla strada, ma lei beveva, ma lei lo aveva lasciato, ma lei come si vestiva, ma lei....
E poi "il mostro", un animale che ogni tanto emerge.
E poi le violenze psicologiche, quelle che fanno sentire inadeguate, inette, inaffidabili.
E poi c'è un nuovo termine "cat-calling", le attenzioni sgradevoli non richieste, verbali o gestuali di apprezzamento.
E poi c'è il quotidiano, in casa, sul lavoro, dove con frequenza le mansioni ritenute più meritorie vengono attribuite a un uomo, dove quando a svolgerle una donna è difficile essere riconosciute, anche economicamente. Dove si deve ricorrere a leggi quali "quote rosa", perché non si dimentichino delle donne in determinati ruoli, come se una donna dovesse occupare una sedia, o un posto di lavoro, in quanto donna perché è indispensabile la percentuale.
Non perché lavora come i suoi colleghi, non perché è brava, non perché è preparata, non perché è affidabile.
Per questo, e per i milioni di donne in tanti paesi che subiscono violenze di ogni genere, che non possono studiare, che quando provano ad alzare la testa trovano altre mortificazioni, per quelle che nemmeno si accorgono di ciò che subiscono, che le umiliazioni sussurrate o urlate le hanno udite nelle generazioni e le pensano normali, non dimentichiamoci che non basta dedicare un giorno, una settimana, un mese.
Dobbiamo creare situazioni in cui tutto ciò non accada più, dove le donne, che subiscono percosse e violenze, possano parlare, essere aiutate senza chiasso e senza vergogna.
Dove le donne possano essere valorizzate in ogni contesto per le loro capacità e competenze, per la loro determinazione a fare, per la possibilità di scegliere.
Dobbiamo chiederlo alle donne e agli uomini, lavorare insieme a questo obiettivo, che va al di là delle "quote rosa", che va al di là delle conclamate "pari opportunità".
Dove la parola vergogna si possa usare soltanto verso colui che usa violenza. O chi vede e fa finta di non vedere. Contro una donna, come contro chiunque.
LE CONSIGLIERE DEL COMUNE DI CANTALUPA