Patrimonio naturale e territorio

Un po’ di geografia ...

Il Comune di Cantalupa è situato in Provincia di Torino, nella Val Noce, ad un’altitudine di 459 metri s.l.m.; ha un’estensione di 1114 ettari ed una popolazione di 2544 abitanti. Dista 8 Km da Pinerolo e 30 Km da Torino.
 
La Val Noce
Nella zona, ritagliata in un settore delle Alpi Cozie, si individuano quattro aree con caratteristiche peculiari, legate sia all’orientamento ed alla ampiezza delle valli, sia alla morfologia dei rilievi:

  • la Val Chisola
  • la Val Noce
  • la Val Lemina
  • la Conca verde

La Val Noce è solcata dal torrente omonimo e da altri piccoli rii che drenano il versante tra il Freidour e San Sisto, come il Noce e il Chiaretto; la porzione meridionale della valle è invece impostata nel bacino del rio Torto, affluente del Chisola nei pressi di Volvera.
Il territorio è suddiviso tra i Comuni di Cantalupa (alta valle), Frossasco, Roletto
La Val Noce in senso lato (compreso il bacino del Rio Torto), è quasi speculare alla Val Chisola; con questa ha in comune la cresta principale con il Freidour e i Tre Denti, in perfetta analogia, presenta l’altro spartiacque a quote decisamente inferiori.
Ciò che distingue le due valli è proprio la morfologia della cresta in comune: a causa dell’assetto geologico-strutturale delle rocce che costituiscono l’ossatura, il versante volto a sud è decisamente impervio e spettacolare, con alte e nude balze rocciose, meta molto ambita e frequentata da numerosi arrampicatori; il versante cumianese risulta invece molto meno aspro, specialmente in corrispondenza delle falde del Freidour, quasi del tutto ricoperto da boschi.
Nel settore di testata la Val Noce si sdoppia per la presenza di due rami del torrente, separati dalla cresta della Rocca Lavoira; quest’ultima si congiunge con le pareti del Freidour nel tratto di raccordo su cui sorge il rifugio Melano.
La posizione soleggiata di gran parte della Val Noce ha determinato una buona predisposizione per la frutticultura ed è senza dubbio altamente significativa la presenza di un vecchio ulivo proprio davanti al municipio di Cantalupa, simbolo della mitezza del clima.
(liberamente tratto dall’ottimo "Il Pinerolese Pedemontano" - Alzani Editore, a cui rimandiamo per una trattazione più completa degli argomenti qui riassunti)


Aspetti geologici
La Val Noce fa parte del cosiddetto Massiccio Dora-Maira, dal nome dei due corsi d’acqua che ne delimitano gli affioramenti rocciosi.
Tutte le rocce che si sono potute datare risalgono all’Era paleozoica, alcune di età di poco superiore ai 250 milioni di anni. altre con oltre 450 milioni di anni.
Il massiccio Dora-Maira è costituito da rocce metamorfiche di vario tipo, alcune di origine sedimentaria, altre di tipo magmatico, sia intrusive che effusive.
Tutte queste rocce hanno subito trasformazioni più o meno intense (metamorfismo) che hanno loro conferito quell’insieme di caratteri che ora noi possiamo osservare.
I tipi litologici più diffusi sono gneiss e micascisti di vario tipo, ai quali sono associate quarziti, marmi ed anfioboliti (o metabasiti).
La roccia più diffusa nel territorio della Comunità Montana è uno gneiss occhiadino talora molto massiccio formante tutta la cresta dal Monte Freidour alla Rocca dei Due Denti, attraverso i Tre Denti ed il Monte Brunello.
A causa della loro omogeneità questi gneiss (o metagraniti) risultano in genere molto resistenti alla degradazione meteorica, il che spiega le forme assai aspre dei rilievi citati, specie sul versante meridionale dove sono presenti pareti rocciose da tempo utilizzate come impegnative vie di arrampicata (come la famosa Sbarua).
(liberamente tratto dall’ottimo "Il Pinerolese Pedemontano" - Alzani Editore, a cui rimandiamo per una trattazione più completa degli argomenti qui riassunti)


La Flora
Nella zona pedemontana l’attività umana è ancora ben evidente, anche se in calo rispetto ad un tempo, grazie a frutteti e vigneti. Questi ultimi sono abbondanti soprattutto nella fascia che va dalla collina di Pinerolo a Frossasco e Cantalupa. Sono tutti terreni molto poveri, caratterizzati da un suolo fine, giallo rossastro.
I frutteti sono principalmente composti da meli e peschi.
In Val Noce sono moltissime le zone boscate, con caratteristiche diverse in base alla gestione passata ed attuale, alle condizioni climatiche, alle caratteristiche del suolo ed alla esposizione.
Qua e là si incontrano vecchi vigneti e frutteti abbandonati, qualche melo e pesco fioriscono ancora in primavera, nascosti in mezzo a boschi di castagni.
Quest’ultima categoria merita un discorso a parte: aspetto fiorente dell’economia collinare-montana, ha subito una grossissima crisi a partire dagli anni ’20.
Il cancro del castagno è il principale responsabile di questa crisi: colpisce la corteccia del tronco fessurandola e portando alla morte l’intera pianta. In Italia è comparsa nel 1926 nei pressi di Genova, involontariamente trasportata via mare.
La maggior parte dei grossi castagni a fustaia sono stati abbattuti, ma se ne possono trovare ancora alcuni qua e là, lungo i numerosi percorsi attrezzati che attraversano la Val Noce.
Un po’ più vario è il querceto; anche se il sottobosco risulta comunque povero e caratterizzato dalla medesima specie.
Meno continuo come distribuzione rispetto ai castagneti copre una vasta fascia delle creste, delle linee di displuvio e dei versanti esposti a sud, frammisto a pino silvestre e castagno.
Troviamo poi betulle e sorbi nelle zone più aperte, arbusti ed arberelli come nocciolo, frangola, sorbo degli uccellatori in zone più fresche.
Salendo verso l’alto sia il castagneto che il querceto tenderanno a fondersi più o meno gradualmente con un’altra tipologia, che ha nel faggio l’elemento caratterizzante, a partire dai 650-700 m. Il paesaggio cambia, il bosco si fa meno intricato.
Per lo più i boschi sono abbastanza curati, vengono fatte ancora regolari ceduazioni, per ricavate legna da ardere. Un tempo il bosco veniva rastrellato e le foglie usate, oltre che come lettiera, per la "paiassa" il pagliericcio. Le fascine di faggio venivano raccolte e vendute ai panettieri, mentre nei forni delle borgate si usavano tutti gli altri tipi.
Se il faggio preferisce zone fresche e tendenzialmente con esposizione a nord, in quelle più assolate compare la pineta di pino silvestre. I popolamenti più estesi sono però di origine antropica.
Una specie "esotica" è la gaggia che, di origine americana, è stata introdotta come pianta ornamentale nei secoli scorsi. Lungo i corsi d’acqua ha progressivamente sostituito i saliceti e le specie originarie quali frassino, rovere, castagno, tiglio.
Il suo sottobosco è particolarmente piacevole in primavera: la fioritura dell’Anemone nemorosa, della Pulmonaria officinalis e delle primule sono un vero spettacolo.
Spesso però, dove il bosco è stato abbandonato, troviamo un intrico di rovi, luppolo, ortiche e graminacee.
Invece, dove la gaggia non riesce a prendere completamente il sopravvento (cioè in quelle aree di bosco misto della fascia basso-collinare) troviamo quelle specie che un tempo hanno avuto un ruolo fondamentale nell’economia domestica contadina.
Il tiglio ha un legno che si lavora facilmente:veniva impiegato per le scale a pioli, si ricavavano tavole per la costruzione dei carri ed assi da cui si otteneva il mastello per lavare (era necessario un legno che non macchiasse); nel tiglio si intagliava ul giogo delle mucche.
Molto impiegato era anche il frassino, soprattutto per le ruote dei carri, per manici di attrezzi e per tavole.
I rami sottili della betulla erano invece usati per confezionare delle robuste scope, impiegate nella pulizia di cortili, granai e stalle.
Lungo i torrenti e le bealere a lato dei campi troviamo spesso dei grossi salici capitozzati per ricavarne il maggior numero di sottili rametti, molto flessibili: questi erano impiegati per legare le viti e per confezionare cestini e ceste (cavagne), usati per raccogliere la frutta ed i funghi.
(liberamente tratto dall’ottimo "Il Pinerolese Pedemontano" - Alzani Editore, a cui rimandiamo per una trattazione più completa degli argomenti qui riassunti)


La Fauna
La composizione faunistica è piuttosto varia ed in espansione, mentre è completamte scomparso il lupo (l’ultimo venne ucciso nel pinerolese nel 1905).
Sarà comumque piuttosto facile avere piacevoli incontri durante le nostre passeggiate, anche nei luoghi più inaspettati.
Sono state immesse infatti numerose specie con fini venatori: è il caso di mini lepri, cinghiali, fagiani, altre come caprioli e qualche raro camoscio (sulle creste più alte del monte Freidour) sono giunte dalle vicine aree protette del Parco Orsiera-Rocciavrè.
Con un po’ di fortuna si potranno incontrare anche la volpe, la faina, la donnola, il tasso (la cui presenza è certa, in base al ritrovamento delle tane), scoiattoli, e, più difficili da osservare, il ghiro e il riccio.
(liberamente tratto dall’ottimo "Il Pinerolese Pedemontano" - Alzani Editore, a cui rimandiamo per una trattazione più completa degli argomenti qui riassunti)


Gli Uccelli
Le modificazioni del paesaggio hanno influito profondamente sull’avifauna, con l’aumento di alcune specie e la progressiva diminizione (se non scomparsa) di altre.Nella Val Noce vedremo quindi molti corvi, cornacchie e gazze nelle zone più aperte e nei boschi ghiandaie, con le caratteristiche piume azzurre sulle ali.
Naturalmente presenti anche piccioni, colombi e tortore.Sempre meno numerose le rondini e i balestrucci, strettamente legati alle stalle e alle mosche, mentre sono aumentati gli aironi cenerini. In assoluto i più facili da vedere sono i passeri ed i merli che si avvicinano alle case senza timore.
Quando in montagna cade la prima neve, il pettirosso si fa vedere per primo vicino alle case, poi, vincendo il naturale timore arrivano peppole, fringuelli, regoli, cince, scriccioli e codibugnoli dalla lunga coda.
Comuni, anche se più facilmente visibili d’inverno, sono codirossi, capinere, codirosso spazzacamino e cardellini.
Tra le sterpaglie e i rovi trovano rifugio i varzellini.
In autunno-inverno sarà frequente individuare vere e proprie "nuvole" di storni, che in questo periodo dell’anno presentano una livrea scura, picchiettata di bianco.
I boschi, soprattutto quelli di conifere, sono abitati da molte specie diverse: sarà più facile sentirli che vederli, ma stando fermi ed osservando là dove i rami si muovono, si potranno osservare le "cincie" appese ai rami, qualche fagiano (immesso a scopo venatorio) qualche cuculo ed il picchio, il fagiano di monte a quote più elevate.
Nelle zone impervie e rocciose poiane e gheppi, astore (sicura ne è la presenza), sparvieri e falchi pellegrini.
Facile vederli sfrecciare quando ci troviamo sulla cima dei Tre Denti o del Freidour.
Numerosi i rapaci notturni come l’allocco, il barbagianni e la civetta.
(liberamente tratto dall’ottimo "Il Pinerolese Pedemontano" - Alzani Editore, a cui rimandiamo per una trattazione più completa degli argomenti qui riassunti)

 

 

 

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